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Le cellule staminali favoriscono la ricrescita dei capelli, a testimoniarlo una ricerca giapponese condotta nell’Università di Tokyo da un team di bioingegneri capitanati da Takashi Tsuji. Lo studio svolto per ora solo su topi da laboratorio ha dato dei risultati eccezionali, confermando quanto già molti tricologi specializzati affermavano. Il gruppo di scienziati è riuscito a far ricrescere i peli sulla schiena di un esemplare murino, un piccolo topo completamente glabro grazie a cellule staminali adulte. Questo piccolo roditore è diventato fonte di speranza per milioni di persone calve. Certo il prodotto miracoloso che fa ricrescere i capelli e cura la calvizia da un giorno all’altro non è ancora stato creato, ma centri tricologici specializzati si stanno già muovendo in tal senso, studiando e creando prodotti che contengono cellule staminali che possono dare evidenti benefici se utilizzati correttamente per un periodo adeguato.

Gli scienziati nipponici, sempre all’avanguardia nella ricerca medica, hanno prelevato due tipi di cellule staminali dall’epidermide dei topi, le hanno coltivate in laboratorio per produrre nuovi follicoli che poi hanno trapiantato sulla cute degli animali. I follicoli trapiantati nella cute degli animali hanno favorito la ricrescita di peli nuovi nell’arco di 2–3 settimane, dove non vi era traccia di peluria. Successivamente l’esperimento è stato ripetuto con cellule staminali umane appartenenti a soggetti calvi. Anche in questo caso hanno assistito ad una ricrescita dei capelli. Spiega Tsuji in un articolo pubblicato su Science Daily. «La ricerca dimostra il potenziale di una terapia non solo per la rigenerazione dei capelli, ma anche la realizzazione di organi bioengenirizzati sostitutivi utilizzando cellule staminali somatiche adulte».

La ricerca si svilupperà con test clinici sull’uomo ma non prima di 3–5 anni. Forse tra una decina d’anni potremo avere la soluzione definitiva per ridare una folta chioma anche a chi ha già perso i capelli, che tra l’altro rinascerebbero con il colore naturale del soggetto sottoposto ad intervento.  I risultati della ricerca sono stati riportati sulla rivista scientifica online Nature Communications, resta solamente da capire quando potrà essere sviluppata una ipotetica cura per l’uomo e quanto potrà venire a costare.

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